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Archivio della Categoria ‘Delinquenza a Roma’

    
Le “sassaiole” dei bulli
Pubblicato il 31-07-2020

Alla fine dell’Ottocento si combattevano fra rione e rione furiose battaglie con i sassi. Era uno sfogo, una valvola di sicurezza per calmare i bollenti spiriti dei bulli romani.

La sassaiola era il corrispettivo della moderna partita di calcio domenicale. Le squadre si affrontavano come in un campo di battaglia, si circondavano, si catturavano ostaggi da una riva all’altra del Tevere. Il campo di battaglia preferito era il Foro Romano, detto “Campo Vaccino”, intorno ad un abbeveratoio ricavato da una enorme vasca di granito, che fu poi destinata a fontana sotto i cavalli dei Dioscuri, sul Quirinale.

    
Celebrazione della “Passatella”
Pubblicato il 26-06-2020

La passatella, tipico gioco da osteria di fine Ottocento, passatempo preferito dei bulli di Roma, aveva un suo cerimoniale aulico, imbottito di battute satiriche e allusioni sferzanti, che mandavano in bestia i permalosissimi bulli oggetto di scherno da parte dei rivali.

Nella Passatella si riversavano antichi rancori e rivalità, per cui il Padrone e il Sotto (il sottopadrone) si prendevano l’arbitrio di far bere gli amici e di lasciare “olmo”, cioè senza bere un goccio di vino, il loro avversario. Il gioco dava così adito a risentimenti e risse, che il più delle volte degeneravano in feroci coltellate.

    
Il Carcere di Regina Coeli
Pubblicato il 15-11-2019

E’ stato costruito tra il 1881 e il 1885 sotto la direzione dell’ingegnere Carlo Morgini del Genio Civile sull’area del demolito monastero di Santa Maria Regina Coeli, dal quale viene la denominazione del carcere.

Ma per i romani è semplicemente “er Coeli” e si dice che non si è romani autentici se non si è disceso almeno una volta nella vita “er gradino der Coeli“, ovvero il gradino che sta davanti all’ingresso del carcere.

    
Subire e morire a Roma
Pubblicato il 31-10-2007

Ormai non c’è più tregua, la delinquenza dilaga incontrollata nella capitale d’Italia, la povera Roma, ormai sempre più sprofondata nel degrado e nell’abbandono.

Abbiamo persino un assessore alla sicurezza, anche se non si capisce bene che cosa faccia, visto che l’ennesima donna ha subito violenza per opera del solito rumeno.

Il fatto è presto chiarito: una donna di 47 anni, in zona Tor di Quinto, è stata trascinata in una baracca, picchiata e violentata da un rumeno di 23 anni. Poi il balordo l’ha gettata in un fosso, tanto non serviva più. Adesso è ricoverata in coma all’ospedale Sant’Andrea.

Il sindaco di Roma, forse chiamato in causa dalla sua coscienza, si ritaglia un minuto di tempo nei suoi molteplici impegni politici e spinge per un decreto. Perché ci vuole un decreto per spazzare via da Roma questi barbari? Se vuole, caro sindaco, possono pensarci i cittadini, ma sappia che non sono buonisti come lei, ma avvelenati e ci andranno giù pesante con questa gentaglia che ci sta decimando, che sta minando il nostro tessuto sociale e culturale, che sta trasformando il nostro paese in un cesso pubblico intasato!

E a Montecitorio che cosa fa la casta? E’ troppo impegnata a ridistribuire cariche e ministeri, a reimpastarsi come argilla ammuffita, a rifiorire con nomi nuovi di nuovi partiti e vecchi volti incartapecoriti? Sono bravi a fare chiacchiere insulse e sterili, hanno trovato il paese della cuccagna, sia i politici, che sguazzano come porci dissanguandoci di tasse, sia gli immigrati, che possono entrare indisturbati e stuprare, rapinare e ammazzare come vogliono. E noi siamo nel mezzo, tartassati e annoiati dalla politica menefreghista e arraffa-tutto e colpiti a morte dalla violenza congenita degli sgraditi ospiti che abbiamo dovuto accogliere in nome di un deleterio umanitarismo.

E’ ora di ritornare romani, di ritornare italiani, perché con questa immigrazione selvaggia non abbiamo guadagnato nulla, ci siamo soltanto abbassati, sia culturalmente che socialmente, al livello della feccia che abbiamo accolto. Per qualche raro immigrato che lavora onestamente abbiamo pagato e stiamo pagando uno scotto troppo alto: la nostra stessa sopravvivenza.

    
Questi bravi, delinquenti rom
Pubblicato il 06-10-2007

Un’ennesima vittima nella “Roma sicura” proclamata dall’ultimo cittadino della capitale, un ennesimo reato finito nel sangue e in un funerale, in una vedovanza e in una figlia ormai orfana.

Luigi Moriccioli aveva 60 anni e percorreva, il 17 agosto, una pista ciclabile a Tor di Valle. Fu aggredito da due ragazzi rom, che volevano rapinarlo e lo hanno preso a bastonate.

L’uomo, dopo un’agonia di 49 giorni, è deceduto.

Questo è il risultato dell’incompetenza e dell’incapacità dell’ultimo cittadino di Roma, questo è il risultato della politica del buonismo e dell’umanitarismo, questo è stato il risultato dell’aver offerto perle ai porci, ai barbari, anzi, perché i reati che questi delinquenti commettono sono opera di veri e propri barbari, di gente che non ha il minimo rispetto per la vita umana, per la legalità, per la civiltà.

E chi ne ha fatto le spese sono stati, come sempre, i cittadini, non i balordi che girano con la scorta, con le auto blu, che vivono emarginati dalla vera vita vissuta dal popolino. Siamo noi ad essere a contatto con la realtà cittadina e, dopo aver subito l’ennesimo danno, dobbiamo sentire anche le belle parole di circostanza pronunciate a destra e a manca (più a manca che a destra, bisogna dire…) dei vari scaldasedie delle istituzioni italiane. La beffa finale.

Ma cosa volete che facciano a quest’assassino? Il processo ci sarà il 6 novembre e magari si concluderà come quello dell’altro rom che, ubriaco, ha spezzato la vita a 4 ragazzi: 6 anni ai domiciliari…

Quindi, per questo omicidio, gli vogliamo dare una bella sculacciata? Una bella tirata d’orecchie? Non troppo forte, però, in fin dei conti ha solo ammazzato una persona, poveraccio, avrà pure il diritto, un ragazzo rom, di rapinare un ciclista in santa pace?

Ma chi deve pensare alla sicurezza di Roma? Che cosa fa il Comune di Roma per garantire la sicurezza dei cittadini romani? Nulla.

Eppure la soluzione sarebbe molto semplice. Impacchettare tutti gli zingari della capitale, assieme a tutti quelli sparsi per il territorio italiano, e rispedirli a calci nel loro paese.