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Archivio della Categoria ‘Urbanistica’

    
Come hanno distrutto la Fiera di Roma
Pubblicato il 10-12-2007

La sua storia, come spazio espositivo, risale al lontano 1948. Si legge così nel sito della (ex) Fiera di Roma di Via Cristoforo Colombo:

Edoardo Squadrilli, fondatore della Fiera di Roma, sottoscrive un impegno di 26 milioni per costruire il Centro fieristico, finanziato dalla Banca della Cooperazione (futura BNL). Si svolge intanto la “2a mostra Campionaria di Roma”.

Ma è solo 11 anni più tardi, nel 1959, che la fiera prende posto negli spazi di Via Cristoforo Colombo.
Nel 1969 la Fiera da ente morale diviene ente pubblico-economico.
Negli anni successivi si accresce il prestigio della Fiera, ospitando importanti manifestazioni fieristiche, come MoaCasa e Casaidea.
Nel 1990 viene costruita la più grande sala congressi della capitale, il Palafiera.
Nel 1995 La Fiera di Roma diventa il primo ente fieristico italiano Spa.
Il 24 aprile 1998 nasce Fiera di Roma SpA, fondata dalla Camera di Commercio di Roma, dal Comune di Roma e dalla Regione Lazio. Diverrà operativa il 1 gennaio 2000.
Nel 2001 vengono nominati nuovi amministratori. Il loro incarico è di gestire la realizzazione di uno dei “più importanti progetti di sviluppo economico della capitale: il nuovo polo fieristico di Ponte Galeria.”
Nel 2003 la Fiera di Roma Spa muore per dare vita a Fiera Roma srl.
Il 21 aprile 2004, nel giorno del Natale di Roma, si aprono i lavori per la realizzazione del nuovo centro fieristico, alla presenza del sindaco di Roma e del presidente della Regione Lazio.

Da come hanno scritto nel bando di gara, all’interno del sito del Comune di Roma, l’area dovrà rispettare determinati requisiti, fra cui un’alta percentuale dedicata al verde (il 50%) ed uno spazio ludico, la Città dei Bambini, per attività ricreative.

Non è di questo avviso, però, il Comitato Fiera di Roma – “Roma FIERAmente”, che ha già presentato un appello per la difesa dell’interesse pubblico nell’ambito di questa trasformazione alle autorità competenti, ossia al Presidente della Regione Lazio, al Sindaco di Roma, agli assessori all’urbanistica, al patrimonio, al territorio, all’ambiente, al Presidente e al Vice Presidente dell’XI Municipio.

Potete leggere l’appello in formato pdf.

Che cosa teme il Comitato? La costruzione di uffici, negozi e appartamenti, con tutte le naturali e ovvie conseguenze che tali realizzazioni avranno nella vita del quartiere, con un impatto urbanistico da non sottovalutare.

La trasformazione della Fiera di Roma, a quanto pare, sta avvenendo in maniera poco chiara. In pieno stile italiano, quindi. Estrapolando alcuni passi dell’appello si viene così a sapere:

Non è stata data visibilita al documento con cui nella seduta del 20 giugno 2007 la Giunta Comunale ha avviato il procedimento di accordo di programma ex art.34 Dlgsl 267/2000 concernente il programma di intervento in oggetto;
i manifestini distribuiti nei quartieri limitrofi per pubblicizzare i due incontri pubblici, sono stati applicati soltanto il giorno precedente agli incontri e facevano riferimento “equivocamente” alla sola realizzazione della “Città dei Bambini”, senza indicare le reali e complessive operazioni di sviluppo. Così facendo, coloro che fossero stati interessati a partecipare non hanno potuto o ritenuto necessario partecipare, in quanto il fine dell’opera sarebbe indiscutibilmente avallato da tutta la cittadinanza.
Si e voluto rappresentare l’impianto per i bambini come un servizio di quartiere che sopperiva alla realizzazione di ulteriori cubature, mentre è bene far sapere alla cittadinanza che opere come questa (si è citata ad es. la Cite des enfants de “La villette” di Parigi) non sono interventi a servizio di pochi, ma funzionano come un parco giochi, richiamando l’attenzione dell’intero interland romano, aggravando e senza mitigare le condizioni derivanti dalla costruzione di altre funzioni.
Negli incontri o comunque a seguito degli stessi non è stato mai consegnato un documento riassuntivo o esplicativo che mettesse nero su bianco le affermazioni fatte e le quantità messe in gioco dando la possibilità concreta di fare le proprie valutazioni! Non si può democraticamente esprimere il proprio giudizio su ciò che non si conosce!!!

Sul blog di Giorgio Muratore si leggono interessanti deduzioni.

In poche parole prima la città di Roma aveva una sua fiera, che adesso viene spostata di fatto fuori la città. Si è voluto costruire un polo fieristico più ampio, si è voluto decentrare le attività fieristiche, ma in nome di cosa?

Dei soliti palazzinari, forse, che si butteranno a capofitto a innalzare mostri di cemento al posto del decantato verde?

E qui ci sta bene un gioco di parole: la Fiera di Roma non è fiera di Roma.

    
Campi nomadi a Roma
Pubblicato il 27-05-2007

Di per sé la parola “nomadi” prevede movimento, non sosta prolungata, o meglio fissa, perenne. Movimento che c’è stato, a Roma, perché i nomadi dai loro campi si spostano eccome, per dirigersi in centro, nei mezzi pubblici, a borseggiare a più non posso.

Campi nomadi che sorgono un po’ ovunque, ve ne sono di ufficiali, dove ogni tanto la polizia fa qualche retata e ne tira fuori, chissà come, gioielli, auto rubate e perfino armi. Ve ne sono di ufficiosi, per così dire, spuntano in isole di verde sperdute fra le strade, il verde che si tinge di decine di colori, i colori del degrado e della sporcizia.

Adesso il sindaco di Roma si è inventato il Patto della legalità, il Patto per Roma sicura. Adesso si attua la solita politica italiana del cambiar nome alle cose, nella stupida convinzione di aver creato qualcosa di nuovo. Li chiamano i villaggi della solidarietà e, nel dirlo, non si rendono conto di quanto sono ridicoli.

Questi assurdi villaggi della solidarietà significano spese per il Comune di Roma e, di fatto, per i cittadini romani. Scelte urbanistiche che si tradurranno in aree di verde pubblico sacrificate per una causa che a Roma e ai Romani non riguarda minimamente.

In questi giorni se ne sentono tante, qualcuno li chiama perfino campi di concentramento… ricordiamo che in Italia c’è anche il vizio di abusare delle parole.

Progetti di inclusione sociale e integrazione che stanno tanto a cuore ai rappresentanti delle istituzioni. Perché tanto loro non vivono a stretto contatto con i rom, loro non vengono derubati ogni giorno, loro non hanno vicino il degrado e l’abbandono dei campi nomadi.

Si preoccupano delle proteste e dell’insorgere delle popolazioni locali, ma questo, alle eccelse menti annebbiate dalla politica, non fa scattare nessuna molla, per carità. Adesso verrà favorita l’integrazione con questa innovativa idea dei villaggi della solidarietà… ma si sono chiesti che cosa significa integrazione? Si sono chiesti se la gente vuole questa integrazione? Perché io non ho nessuna intenzione di integrarmi coi nomadi o rom o zingari come si vuol chiamarli, né adesso né mai. E come me tantissima altra gente.

Roma ha centinaia di problemi da risolvere, ma al sindaco stanno a cuore i nomadi più dei suoi concittadini. Ogni giorno c’è gente che si lamenta, nelle strade, nei giornali della città che vengono diffusi gratuitamente (Metro, Leggo, EPolis, ecc.). Basta leggere, basta parlare coi propri amici e conoscenti. Ma Roma deve pensare ai nomadi, non può abbandonarli. Roma deve spendere i soldi dei Romani per creare i villaggi della solidarietà.

Mi chiedo perché non vengono rispediti a casa loro. Ogni popolo ha la sua terra e Roma non è la terra dei nomadi. I romani sono stufi di stare a contatto con gente che ha una cultura totalmente differente da quella italiana, che ha un concetto tutto suo dell’igiene personale e della pulizia, che ha le sue leggi e non ha intenzione di seguire quelle del paese che la ospita. L’integrazione è impossibile. Per integrarsi dovrebbero imparare a lavarsi, a vestire decentemente, a parlare la nostra lingua, a rispettare la nostra nazione e le nostre leggi, a lavorare, a vivere come vivono tutti gli italiani. Questa si chiama integrazione. Questo è l’unico significato di integrazione.

Si parla perfino di referendum, una questione sollevata da un partito, per sentire cosa pensano i romani di questa soluzione dei villaggi della solidarietà, che saranno costruiti oltre il Grande Raccordo Anulare. Qualcuno non è d’accordo. Qualcuno sostiene che è inutile perché col voto, e questa è davvero grande, il cittadino ha già delegato i suoi rappresentanti a risolvere i problemi della città! Col voto i romani potrebbero riconoscere che i nomadi, di fatto, stanziano nel nostro Paese, e dovrebbero tornare ad essere appunto ciò che sono: nomadi.

L’altro giorno è avvenuto uno sgombero di un campo rom abusivo in Via Tor Cervara. E non sono mancate le polemiche, perché in Italia, quando qualcuno fa rispettare la legge, anziché ottenere del plauso, scatena polemiche. Popolo di santi, poeti, navigatori… e delinquenti quindi? Sono intervenute le associazioni che hanno a cuore i nomadi, hanno parlato del Comitato Europeo per i Diritti Sociali, della Carta Sociale Europea Revisionata. Tirano fuori cavilli legali quando i nomadi vivono e si muovono nella completa illegalità. Ma nessuno muove un dito quando un romano è vittima dei nomadi, queste associazioni non si fanno sentire, non esiste un Centro Italiano per i Diritti degli Italiani…

E il bello è che noi siamo in casa nostra. O no?