Come hanno distrutto la Fiera di Roma

La sua storia, come spazio espositivo, risale al lontano 1948. Si legge così nel sito della (ex) Fiera di Roma di Via Cristoforo Colombo:

Edoardo Squadrilli, fondatore della Fiera di Roma, sottoscrive un impegno di 26 milioni per costruire il Centro fieristico, finanziato dalla Banca della Cooperazione (futura BNL). Si svolge intanto la “2a mostra Campionaria di Roma”.

Ma è solo 11 anni più tardi, nel 1959, che la fiera prende posto negli spazi di Via Cristoforo Colombo.
Nel 1969 la Fiera da ente morale diviene ente pubblico-economico.
Negli anni successivi si accresce il prestigio della Fiera, ospitando importanti manifestazioni fieristiche, come MoaCasa e Casaidea.
Nel 1990 viene costruita la più grande sala congressi della capitale, il Palafiera.
Nel 1995 La Fiera di Roma diventa il primo ente fieristico italiano Spa.
Il 24 aprile 1998 nasce Fiera di Roma SpA, fondata dalla Camera di Commercio di Roma, dal Comune di Roma e dalla Regione Lazio. Diverrà operativa il 1 gennaio 2000.
Nel 2001 vengono nominati nuovi amministratori. Il loro incarico è di gestire la realizzazione di uno dei “più importanti progetti di sviluppo economico della capitale: il nuovo polo fieristico di Ponte Galeria.”
Nel 2003 la Fiera di Roma Spa muore per dare vita a Fiera Roma srl.
Il 21 aprile 2004, nel giorno del Natale di Roma, si aprono i lavori per la realizzazione del nuovo centro fieristico, alla presenza del sindaco di Roma e del presidente della Regione Lazio.

Da come hanno scritto nel bando di gara, all’interno del sito del Comune di Roma, l’area dovrà rispettare determinati requisiti, fra cui un’alta percentuale dedicata al verde (il 50%) ed uno spazio ludico, la Città dei Bambini, per attività ricreative.

Non è di questo avviso, però, il Comitato Fiera di Roma – “Roma FIERAmente”, che ha già presentato un appello per la difesa dell’interesse pubblico nell’ambito di questa trasformazione alle autorità competenti, ossia al Presidente della Regione Lazio, al Sindaco di Roma, agli assessori all’urbanistica, al patrimonio, al territorio, all’ambiente, al Presidente e al Vice Presidente dell’XI Municipio.

Potete leggere l’appello in formato pdf.

Che cosa teme il Comitato? La costruzione di uffici, negozi e appartamenti, con tutte le naturali e ovvie conseguenze che tali realizzazioni avranno nella vita del quartiere, con un impatto urbanistico da non sottovalutare.

La trasformazione della Fiera di Roma, a quanto pare, sta avvenendo in maniera poco chiara. In pieno stile italiano, quindi. Estrapolando alcuni passi dell’appello si viene così a sapere:

Non è stata data visibilità al documento con cui nella seduta del 20 giugno 2007 la Giunta Comunale ha avviato il procedimento di accordo di programma ex art.34 Dlgsl 267/2000 concernente il programma di intervento in oggetto;
i manifestini distribuiti nei quartieri limitrofi per pubblicizzare i due incontri pubblici, sono stati applicati soltanto il giorno precedente agli incontri e facevano riferimento “equivocamente” alla sola realizzazione della “Città dei Bambini”, senza indicare le reali e complessive operazioni di sviluppo. Così facendo, coloro che fossero stati interessati a partecipare non hanno potuto o ritenuto necessario partecipare, in quanto il fine dell’opera sarebbe indiscutibilmente avallato da tutta la cittadinanza.
Si e voluto rappresentare l’impianto per i bambini come un servizio di quartiere che sopperiva alla realizzazione di ulteriori cubature, mentre è bene far sapere alla cittadinanza che opere come questa (si è citata ad es. la Cite des enfants de “La villette” di Parigi) non sono interventi a servizio di pochi, ma funzionano come un parco giochi, richiamando l’attenzione dell’intero interland romano, aggravando e senza mitigare le condizioni derivanti dalla costruzione di altre funzioni.
Negli incontri o comunque a seguito degli stessi non è stato mai consegnato un documento riassuntivo o esplicativo che mettesse nero su bianco le affermazioni fatte e le quantità messe in gioco dando la possibilità concreta di fare le proprie valutazioni! Non si può democraticamente esprimere il proprio giudizio su ciò che non si conosce!!!

Sul blog di Giorgio Muratore si leggono interessanti deduzioni.

In poche parole prima la città di Roma aveva una sua fiera, che adesso viene spostata di fatto fuori la città. Si è voluto costruire un polo fieristico più ampio, si è voluto decentrare le attività fieristiche, ma in nome di cosa?

Dei soliti palazzinari, forse, che si butteranno a capofitto a innalzare mostri di cemento al posto del decantato verde?

E qui ci sta bene un gioco di parole: la Fiera di Roma non è fiera di Roma.

2 commenti su “Come hanno distrutto la Fiera di Roma”

  1. L’argomentazione, nella sua complessità, è corretta e condivisibile, però vorrei aggiungere una considerazione personale come “persona informata dei fatti”:
    La Fiera, la vecchia come la nuova, soffre di quello che chiamo “problema capitolino”.
    Il “problema capitolino” è quella cosa che purtroppo ci differenzia dalle operose città padane dove una fiera é una fiera, mentre da noi si limita ad essere un baraccone ad uso e consumo di pochi eletti, tutti appartenenti alla sfera burocratico – politica di Roma.
    Con tutto il rispetto per la vecchia struttura, questa aveva segnato il passo già da tempo: la sua capacità ricettiva (soprattutto per la collocazione) faceva ridere, densità abitativa troppo alta, niente parcheggi, collegamenti ridicoli, poco spazio.
    Ho salutato con immenso piacere ed entusiasmo la costruzione della nuova, con dei padiglioni degni di questo nome, parcheggi a perdita d’occhio, uscita autostradale dedicata, servizi navetta e addirittura stazione di trenino all’interno.

    MA…

    Ma è bastato andarci un paio di volte per rendermi conto che nonostante tutto non è cambiato niente: la cosa che avrebbe fatto la differenza, cioè l’ORGANIZZAZIONE, è rimasta la stessa identica “brodaglia” di prima, e fa ridere i polli: con tutto quello spazio e quei mezzi riescono ancora a farti fare la fila all’ingresso, a non farti capire dove devi andare, a non fornire strumenti semplici e indispensabili agli espositori o ai visitatori e soprattutto si è già ricreata quella “mafia” che fa sì che uno stand te lo devi sudare nonostante ce ne siano a tonnellate. Perchè qui da noi la Fiera non è un posto per spingere l’economia, ma una macchina per spremere soldi agli sfigati che ci entrano e finchè dura fa verdura, poi qualcosa ci inventeremo. Basta fare un salto a Milano, Bologna, ma anche Napoli, per capire cosa è e a cosa serve una fiera.
    Sorvolo poi su tutto quello che dovrà succederci attorno, so solo che si sta riproponendo quel fenomeno per cui un terreno da sempre agricolo come per magia diventa edificabile, ma solo fino al confine col tuo (che invece resta agricolo). Perlomeno fino al momento in cui il tuo te lo espropriano: allora subito dopo diventa edificabile anche quello (ma dopo, eh ? Dopo che te lo hanno pagato come agricolo, si intende).

    BAH.

  2. Salve,
    sono una giovane abitante di Tor Marancia. Volevo sottolineare un aspetto di questa triste storia:
    quando si interviene in maniera così importante(mi riferisco alla portata di tutta l’operazione e al valore che l’area rappresenta, non solo economico) si deve tener conto della conformazione urbanistica del territorio in questione e dei bisogni che esso esprime. Tutto questo non è stato preso in considerazione dall’Ente Fiera srl e a noi cittadini pesa molto lo sbandieramento del finto percorso di partecipazione di cui anche il Municipio è fiero… non solo, il mascherare tutto con il bel nome “Città dei Bambini” suona un po’ come una patetica presa in giro. Mi chiedo: i grandi architetti che hanno messo il loro nome sui progetti delle dodici cordate, conoscono Tor Marancia?

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